La distribuzione di aria compressa è il sistema che permette al vettore energetico “aria ad alta pressione” di avere una funzione pratica nel lavoro. Le applicazioni dell’aria compressa sono molteplici e possiamo trovare questa forma di energia tanto a livello industriale quanto all’interno di officine o piccole attività artigianali, nonché in agricoltura (fra i tanti usi si pensi alla trivellazione di pozzi, all’irrigazione di campi o all’alimentazione di utensili).
Fra i processi produttivi industriali e quelli professionali o artigianali, però, cambia il tipo di architettura del sistema di distribuzione e per prima cosa cambia l’opzione del compressore, quella macchina che costituisce il fulcro del sistema stesso di distribuzione di aria compressa.
Distribuzione aria compressa: differenze fra compressori
Dunque, analizziamo i due macro-tipi di compressore esistenti fra i più utilizzati e vediamo quale macro-tipo andrebbe scelto in base alla funzione che deve andare a svolgere.
I compressori a vite
Le macchine dette “a vite” sono preferite nel sistema di distribuzione di aria di grandi impianti, perché questa tipologia di macchina ha il vantaggio di risparmiare il consumo di energia elettrica necessario per essere azionato, ha minore impatto sull’ambiente, sono molto duraturi; dunque, permettono un’ammortizzazione dell’acquisto su lungo periodo.
I compressori a vite non sono tutti uguali: ci sono quelli semplici, a vite ad inverter, con essiccatore integrato, compressori oil free, compressori a vite dentali.
Schematizzando, tutti questi compressori funzionano grazie a meccanismi elicoidali (viti) che si muovono lungo il loro asse, ma uno in senso opposto all’altro. Questo movimento crea differenze di volume nell’aria aspirata dall’esterno; il volume è “compresso” al massimo soprattutto vicino l’imboccatura di uscita; per legge fisica diminuendo il volume dell’aria si fa aumentare la sua pressione. Quest’aria ad alta pressione (perché appunto compressa) viene purificata e raffreddata prima dell’uso nelle tubature. Le pressioni di mandata (cioè in uscita verso la rete) va da 24 a 40 bar.
Compressori a pistoni (o alternativi)
L’obbiettivo che devono raggiungere i compressori a pistoni è lo stesso dei compressori a vite, ma questi sono più adatti ad officine e aziende artigianali. Perché? Perché queste realtà non necessitano “continuamente” di aria compressa. In altre parole, richiedono energia pneumatica solo in alcuni momenti e non ciclicamente. I compressori a pistoni sono ottimi quando il lavoro è intermittente e ci sono fasi di carico di aria alternati a fasi di scarico (l’opposto del carico). Un vantaggio aggiuntivo di questo tipo di compressori è che gli “alternativi” possono essere portatili con ruote, agevolmente trasportabili in officine o cantieri. Esistono due sottotipi di compressore a pistoni: il modello detto “monostadio” e il modello detto “bistadio”; il primo tipo è congeniato con un singolo pistone per comprimere l’aria, mentre nel bistadio ci sono due pistoni. I monostadio generano una pressione inferiore rispetto ai bistadio.
Schematizzando, il funzionamento del compressore a pistoni si basa su un sistema a stantuffo. Ci sono due valvole, una aspira l’aria dall’esterno, l’altra immette l’aria nel sistema pneumatico (valvola di mandata). Ogni stantuffo è collegato ad un albero che usa una biella. La pressione in uscita verso gli utilizzatori può variare molto: da pochi bar, in piccoli modelli portatili, fino ad arrivare a un massimo di 40 bar.
La scelta fra un compressore a vite e un compressore a pistoni, si comprende bene a questo punto, dipende dall’uso che l’azienda deve fare dell’aria compressa, cioè da aspetti tecnici e pratici più che economici. Essenziali domande da farsi, come parametro di scelta sono, quindi:
· Che ingombro ha il compressore e quanto spazio ho a disposizione?
· Qual è il fabbisogno di distribuzione di aria compressa? È continua oppure no, nel ciclo di lavoro dell’azienda?
· Qual è l’applicazione pratica dell’aria compressa?
Un’ulteriore differenza fra le due macchine sta nella manutenzione: il compressore a pistoni ha solitamente una manutenzione più semplice.
Un esempio di applicazione
Se la distribuzione di aria compressa è pensata per un’officina di auto di piccole medie dimensioni, oppure per un gommista, la scelta ricadrà sul compressore a pistoni. La macchina, in questo esempio, sarà azionata per un tempo che potrà essere “continuativo” al massimo per il 65% del totale del tempo complessivo di lavoro. Va ricordato che un compressore a pistoni potrebbe necessitare di un serbatoio di aria molto capiente, per non incorrere nel rischio di rimanere senza aria compressa al bisogno e, dunque, dover interrompere il lavoro. Questo vale anche per i modelli portatili. Va da sé, infatti, che maggiore è la capienza del serbatoio più lungo sarà il tempo di uso del macchinario. Si può indicare, in modo orientativo, che lunghe operazioni in officine automobilistiche necessitano capienze di almeno 100 litri. In generale, si ricordi che i compressori mono e bistadio possono avere una potenza che va da un minimo di 1,5 Kw ad un massimo di 7,5 Kw e che i loro serbatoi possono arrivare anche a 500 litri.